Controllo di Gestione crisi d'impresa Strategia

Conoscere per gestire e far crescere un’azienda di successo

 

Il mondo attuale è definito V.U.C.A. (Volatily, Uncentaintly, Complexity, Ambiguity), per la frequenza e velocità nei cambiamenti, l’incertezza nel fare delle previsioni, la complessità del sistema delle variabili in gioco e comprensione delle cause, caratteristica già presente prima della pandemia Covid e della guerra in Ucraina ma dalle  stesse accentuati.

Sempre di più sarà necessario adottare un approccio consapevole e informato alla gestione strategica aziendale. La risorsa chiave è la conoscenza e la tempestività nel disporre delle informazioni utili per un’efficace risposta, in un’ottica forward looking cioè predittiva.

Ogni imprenditore per decidere deve disporre delle informazioni utili per capire quale sia la scelta più opportuna in termini di redditività, sostenibilità finanziaria, competitività nel mercato… (es. mi conviene  investire nel nuovo impianto? me lo posso permettere finanziariamente, quali vantaggi competitivi ottengo per qualità e/o produttività e quindi in termini di prezzi e margini, quale l’obiettivo di fatturato per raggiungere o mantenere l’equilibrio economico-finanziario, la proposta di prodotti/servizi al mercato è ancora competitiva ? cosa posso cambiare per creare maggior valore ? e come posso recuperare efficienza interna per ridurre i costi ?).
Mille domande a cui l’imprenditore non può rispondere solo Intuitivamente, ma costruendo una decisione basata su dati validati che fotografino i problemi sui fattori critici (es. il nuovo impianto quale incremento di capacità produttiva genera? quali risorse risparmio ? in che percentuale riduco le difettosità perché  l’impianto è più performante? Di quanto riduco il costo di produzione e aumento il margine a pezzo ? ..) e quindi suggeriscano la soluzione più adatta alla specifica realtà aziendale.

Il percorso che l’azienda può seguire parte dall’analisi dei suoi punti di forza e debolezza in relazione al mercato in cui è inserita (Fase1), per procedere con una revisione del modello di business (Fase2) e la costruzione di un modello di analisi dei dati anche utilizzando la Business Intelligence (BI) per creare delle dashboard di guida del processo decisionale, molto flessibile e centrate sui fattori chiave della specifica azienda.

PROCESSO DI  CHECK UP AZIENDALE CON L’ANALISI DELLA FORMULA IMPRENDITORIALE:

 A) Gli step per un check up orientato alla crescita:

  1.  L’analisi della formula imprenditoriale: come si presenta l’azienda dal punto di vista della combinazione mercato di riferimento – prodotti e servizi offerti – scelte organizzative ?
  2. Cosa dicono i bilanci: valutazione delle performance aziendali nella dinamica reddituale e finanziaria e negli equilibri patrimoniali e finanziari. I driver di valore aziendali. Le principali riclassificazioni di bilancio con i vari indici;
  3.  quali i punti di forza e debolezza dell’azienda emersi dalla fase di check up in relazione ai fattori critici di successo ?
  4.  Quali gli obiettivi dei M/L periodo ?
  5.  Individuare gli sviluppi del mercato: quali opportunità e minacce? Qual è la visione del futuro ?

 

 B) Analisi degli scenari e definizione della strategia aziendale per:

  1. Progettare un’offerta vincente (di valore) per i clienti;
  2. Progettare una buona organizzazione per supportare la gestione: efficacia ed efficienza;
  3. Indagare il potenziale economico e il fabbisogno finanziario della propria azienda

C) Data Management e Reportistica centrata sui KPI

  1. Creare un modello dati di analisi delle varie dimensioni aziendali (prodotti/servizi Acquistati-Venduti,    clienti/fornitori/aree di vendita-acquisto/andamenti/processi…) in relazioni ai fatti (Vendite-Acquisti-Investimenti..), per spiegarne i fenomeni in modo efficace al fine di  supportare le decisioni strategiche del management;
  2. Costruire i piani aziendali e sviluppare i business plan in una logica “what if”.
  3. Un potente strumento per lo sviluppo di report e dash board è rappresentato dalla Business Intelligence (BI), in particolare tramite lo strumento della Power BI di Microsoft, attualmente disponibile a costi contenuti per elaborazioni “selfmade” da parte dei consulenti dell’azienda e/o degli stessi amministratori.

In conclusione:

Costruire un ragionato sistema di controllo interno per monitorare l’azienda, per renderla reattiva ai repentini cambiamenti degli scenari esterni ed efficace in ogni decisione del management, è una scelta obbligata che trova il suo limite più nell’approccio culturale che negli strumenti oggi disponibili a costi contenuti rispetto al passato.

Le aziende che sapranno  reagire in modo proattivo anche alle richieste del legislatore (vedi le norme del nuovo Codice della crisi d’impresa D.lgs. 14/2019), potranno sfruttare a proprio beneficio le nuove logiche organizzative, cogliendo l’opportunità per acquisire un fondamentale vantaggio competitivo rispetto ai competitors meno aperti all’innovazione.

 

Controllo di Gestione Finanza d'impresa Strategia

Declino e crisi aziendale. Parte I – Identificazione stato di crisi

Analisi e descrizione delle cause della crisi e degli squilibri aziendali:

condizioni per il loro superamento

 

Sommario:

PARTE I

  1. La nuova dimensione della crisi d’impresa
  2. L’identificazione dello stato di crisi
  3. Strumenti di diagnosi e modelli previsionali

PARTE II

  1. Possibili interventi per risolvere la crisi

 

PARTE III

 

  1. Il nuovo codice della crisi e dell’insolvenza D.lgs 14/2019

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PARTE I

  1. La nuova dimensione della crisi d’impresa
  2. L’identificazione dello stato di crisi
  3. Strumenti di diagnosi e modelli previsionali

 

  1. La nuova dimensione della crisi d’impresa

Il mondo attuale è definito V.U.C.A. (Volatily, Uncentaintly, Complexity, Ambiguity), per la frequenza e velocità nei cambiamenti, l’incertezza nel fare delle previsioni, la complessità del sistema delle variabili in gioco e comprensione delle cause, caratteristica già presente prima della pandemia Covid ma dalla stessa accentuata.

Sempre di più sarà quindi necessario adottare un approccio consapevole e informato alla gestione strategica aziendale e non. Quindi la risorsa chiave è la conoscenza e la tempestività nel disporre delle informazioni utili per un’efficace risposta.

 

Il concetto di crisi: la crisi rappresenta una fase straordinaria della vita dell’azienda e si verifica in presenza di uno squilibrio economico-finanziario che perdura nel tempo e che comporta difficoltà nel ripristino dell’ordinaria gestione aziendale.  

Le situazioni di crisi aziendale sono oramai  fenomeni non eccezionali, ma diffusi e frequenti nei sistemi industriali e vanno intesi come un’opportunità di riflessione e cambiamento per ripristinare le condizioni migliori nella gestione aziendale.

 

Con l’introduzione del nuovo codice della crisi (D.lgs 14/2019 e successive modifiche da ultimo il DL 118 del 24/8/2021 che ha posticipato l’entrata in vigore del codice al 16/05/2022 e delle procedure di allerta e composizione assistita della crisi al 31/12/2023) si è passati da un modello “sanzionatorio- liquidatorio” ad un approccio in cui viene data priorità alla  rilevazione tempestiva dello stato di crisi e successiva adozione di modalità di risanamento “accompagnato”, con responsabilità sia dell’organo amministrativo sia degli organi di controllo per l’adozione di adeguati assetti organizzativi per prevenire la crisi e per la rilevazione tempestiva di rischi di perdita della continuità aziendale (ex art. 2086 c.c.)

 

Tassonomia della crisi:

  1. Stadi della crisi
  2. Crisi interna – esterna
  3. Crisi di business e finanziaria

 

Dato che l’impresa è un’attività economica svolta in condizioni di rischio, l’obiettivo di creare valore per i soci si accompagna, necessariamente, alla possibilità di incorrere in un percorso involutivo, che si riversa da prima sulle attese dei soci stessi (remunerazione del capitale inferiore ad un rendimento congruo, costo-opportunità, fino ad annullarsi..) per poi estendersi a tutti gli stakeholders, cioè a tutti coloro attivamente coinvolti in un’iniziativa economica (istituti finanziari, dipendenti, creditori…), con emersione di perdite contabili e distruzione di valore economico.

Se quindi la crisi è una circostanza “attesa” (benchè spesso non adeguatamente ponderata), le modalità di gestione di tale fenomeno sono fondamentali sia per l’impatto sul potenziale economico e sociale della singola azienda, che per l’effetto sulla struttura del settore in cui l’azienda si colloca, tanto maggiore in rapporto alla sua dimensione.

Normalmente le crisi sono precedute da fasi di “declino”, nelle cui more gli elementi patologici che influenzeranno le fasi successive cominciano a manifestarsi.

Secondo la teoria del valore l’unica finalità dell’azienda che abbia senso è “ la continuazione dell’esistenza attraverso la capacità di autogenerazione nel tempo, che avviene mediante la continua creazione di valore economico (Guatri, 1994).

 

  • Stadi della crisi:

Le fasi che seguono un trend negativo nella creazione di valore posso essere viste come:

  1. Di declino
  2. Di crisi
  3. Di insolvenza/dissesto

 

  • La nozione di Declino è associata ad una performance negativa in termini di variazione di valore (ossia la sua distruzione) su un orizzonte temporale significativo, con rilevazioni di un trend negativo di flussi finanziari, economici e patrimoniali pur anche temporalmente disallineati, in particolare in un’ottica prospettica.
  • La nozione di Crisi rappresenta una condizione di forte squilibrio finanziario, economico e patrimoniale ancora reversibile, che rende probabile l’insolvenza in un arco temporale ristretto e che per le imprese si manifesta con inadeguatezza dei flussi finanziari prospettivi (Codice della crisi periodo di riferimento i 6 mesi);
  • La nozione di Insolvenza riguarda l’incapacità del debitore di assolvere regolarmente e con mezzi normali, in modo irreversibile, le proprie obbligazioni, con un disavanzo patrimoniale;

 

Le crisi aziendali possono essere anche distinte in Latenti (processo di decadimento lento ma costante), Manifeste (in cui l’azienda e soprattutto i terzi acquistano consapevolezza dello stato di crisi, con un aumento della velocità di propagazione delle condizioni di instabilità che portano a squilibri economico-finanziari), Acute (con alterazione dello squilibrio patrimoniale, stato di insolvenza).

 

In ogni  caso, per definire in modo corretto quando un’azienda possa dirsi in crisi, bisogna preliminarmente stabilire le caratteristiche di un suo sano e corretto funzionamento, definite nei concetti di:

  • Economicità nella sua duplice declinazione di equilibrio economico e adeguata potenza finanziaria;
  • Efficienza nell’impiego dei diversi fattori della produzione;
  • Tendenziali equilibri prospettici;
  • Continuo accrescimento del valore del capitale economico.

L’azienda è quindi “sana” quando opera in una condizione di equilibrio economico (adeguata remunerazione del capitale di rischio apportato dai soci), di equilibrio finanziario inteso come miglior mix di fonti interne ed esterne adottato durevolmente nel tempo e di equilibrio patrimoniale quale capacità di adeguare durevolmente nel tempo le fonti ai fabbisogni  in modo efficiente (costi) e efficace (scadenze).

 

La crisi è sempre multifattoriale, con un potenziamento reciproco dei vari fattori causali per cui risulta fondamentale, non soltanto individuare ed interpretare tempestivamente i segnali della crisi (vedi anche art. 13-14 Codice della crisi per gli indicatori e indici di allerta, nonché segnalazioni..) prima che sia manifesta, ma anche e soprattutto:

  • Identificarne le CAUSE;
  • Individuare gli strumenti atti a prevenire (se possibile) ovvero a governare lo stato della crisi;
  • Definire le linee di intervento strategico per consentirne il superamento.

L’analisi delle CAUSE è vista secondo 2 approcci che in realtà interagiscono nel determinare la crisi:

  • Soggettivo: il sistema umano dell’impresa (proprietà, management, tecnostruttura etc.) è il principale responsabile del successo o insuccesso dell’azienda, in primis nella capacità di interpretare e adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente esterno, con una revisione del proprio business model, dei piani aziendali e della propria struttura;
  • Oggettivo: la situazione di crisi dell’impresa può dipendere anche da fattori esterni che il management, almeno in parte, non è in grado di dominare (es. pandemia covid 19 con l’effetto sulla domanda mondiale, sull’aumento dei prezzi delle materie prime ed energetiche, effetti concorrenziali..).

 

Nella lettura delle cause della crisi possono esserne individuate 5 tipologie:

  • Da inefficienza nell’uso dei fattori produttivi (vedi confronto con benchmark di settore o dei principali concorrenti);
  • Da sovracapacità/rigidità (a livello di settore per riduzione della domanda o aumento dell’offerta; per perdita di quote di mercato; a fronte di una struttura di costi fissi da investimento precostituita e non più recuperabile..);
  • Da decadimento dei prodotti e da carenze gestionali (perdita di margine di contribuzione per perdita di competitività sul fronte dei costi e/o dei prezzi);
  • Da carenze di programmazione e innovazione (quale incapacità di prevedere gli scenari competitivi e dell’ambiente esterno in generale nel medio termine, con conseguente non programmazione degli interventi di adattamento correttivo..; l’innovazione è legata alla “visione dell’azienda” nel medio termine, e al processo di adattamento citato, con nuove idee – prodotti – organizzazioni – mercati – processi …);
  • Da squilibrio finanziario/patrimoniale quale inadeguatezza del rapporto qualitativo, quantitativo e temporale fra le varie tipologie di fabbisogni (capitale fisso e circolante) e fonti (capitale proprio e di terzi), in un’ottica di sostenibilità. Lo squilibrio finanziario/patrimoniale è considerato la causa tipica della crisi aziendale, stante il suo essere propedeutico al dissesto economico (oneri finanziari in crescita al crescere dell’indebitamento aziendale), ma spesso lo stesso è generato dalle cause “aziendalistiche” citate.

La teoria economica e la prassi aziendalistica nel tempo hanno sviluppato vari metodi per comprendere lo stato dell’azienda, adottati in modo talvolta alternativo e talvolta cumulativo:

  • Metodi basati sull’intuizione: criteri basati sulla riconoscibilità esterna dei fattori di crisi (settore in crisi, bilanci in perdita, perdita di quote di mercato, inefficienze produttive e commerciali etc.) con variabile possibilità di intervento per rimuoverne le cause;
  • Metodi basati sulla valutazione periodica del capitale economico, con adozione di diverse tecniche di stima, nessuna in assoluto più o meno valida, ma scelta in funzione della capacità di esprimere il valore attuale e prospettico dell’azienda “as is” (es. metodo patrimoniale, reddituale, Discount Cash Flow, dei Multipli, E.V.A..);
  • Metodi basati sull’analisi di bilancio con applicazione di un sistema di indici di varia natura (reddituale, finanziario, patrimoniale, di voci di capitale circolante..), per una lettura a 360° delle dinamiche aziendali, confrontata con i benchmark di settore o dei principali concorrenti, valutandone anche criticamente l’andamento nel tempo. L’analisi di bilancio, ed in particolare degli eventuali scostamenti emergenti dai citati confronti, consente di comprendere se ed in quale misura l’azienda presenti fattori di criticità potenzialmente forieri di un processo di declino.

I report aziendali periodicamente predisposti dal management aziendale, consentono di monitorare le performance aziendali e forniscono gli elementi di supporto per un eventuale intervento correttivo con congruo anticipo rispetto al manifestarsi della crisi, oltre che per qualsiasi decisione aziendale di natura gestionale e/o d’investimento.

 

  • Strumenti di diagnosi e modelli previsionali:
    • Modelli previsionali di insolvenza/rating: es. valutazione dei rischi/modelli predittivi; applicazione dell’algoritmo come lo Z score di Altman; modelli di agenzie di rating, modelli rating bancari
    • Banche dati e benchmark settoriali: es. utilizzo di banche dati – Cribis/CRIF, Cerved..
    • Diagnosi strategica (analisi macro e micro);
    • Swot analisys basata sui punti di forza e debolezza rispetto al settore e alla concorrenza per ASA (area strategica d’affari) e rispetto ai fattori critici di successo;
    • Analisi di bilancio

 

5.3 LA DIAGNOSI STRATEGICA comprende:

  1. a) Analisi di settore (analisi scenario macroeconomico, dimensione attuale e trend..);
  2. b) Comprensione del business model: fattori critici di successo e processi chiave; risorse interne ed esterne/da outsourcing; vantaggi competitivi e mappa del posizionamento competitivo; proposta di valore al cliente con un’analisi della qualità percepita (bisogni da soddisfare/mix caratteristiche prodotto-servizio proposto);
  3. c) Strategia realizzata e da realizzare, che discende anche dalla mappa competitiva e dall’analisi SWOT per ASA, oltre che dai vincoli nel breve e medio termine dati dalla struttura, può essere:
  4. a) di costo (prezzi bassi);
  5. b) prestazioni eccellenti – premium price;
  6. c) focalizzazione per nicchia –

scegliendo se perseguire una politica di diversificazione o di allineamento nel segmento competitivo servito.

Esempio MEMO GUIDA PER IL CHECK UP AZIENDALE (partendo sempre da un’intervista alla Direzione/Management):

  • Bilanci di verifica degli ultimi 3 anni;
  • Storia dell’azienda e operazioni straordinarie;
  • Business model e posizionamento competitivo (rif. Studi di settore e analisi dei concorrenti)- analisi della proposta di valore…
  • Disponibilità Reporting gestionali e budget/business plan almeno triennali;
  • Esposizione banche/Centrale rischi;
  • Organigramma aziendale – costo del personale;
  • Analisi dei processi interni per aree funzionali – risorse impiegate – procedure e layout impianti/obsolescenza..;
  • Analisi crediti – debiti – magazzino (rotazione – scaduti..);
  • Lista prodotti/servizi;
  • Ricerca e innovazione interna;
  • Sistema di controllo di gestione disponibile;
  • Cause/contenziosi/insoluti..;
  • Posizione fiscale e contributiva;

 

Comunicazione Marketing Strategia

Gli obiettivi della comunicazione

GLI OBIETTIVI DELLA COMUNICAZIONE

 

Sono tre i principali obiettivi che la comunicazione è chiamata a svolgere in Azienda:

  • La prima funzione è OPERATIVA e si sostanzia in una serie di interventi per la gestione delle informazioni. L’obiettivo è sollecitare l’interesse e la curiosità delle persone: è necessario in altri termini far “parlare” i dati e le cifre, agendo sulla sfera delle emozioni e utilizzando un linguaggio suggestivo ed accattivante, simile a quello della pubblicità. I ritorni attesi sono un miglioramento della qualità tecnica della comunicazione e la creazione di una corporate identity interna sostanziale (andando oltre la semplice coerenza grafico-formale.
  • La seconda funzione è INTEGRATIVA. La comunicazione in questo caso svolge un ruolo di supporto al cambiamento in atto nell’Azienda. Rientrano in questo ambito le indagini sulla soddisfazione dei dipendenti, i gruppi di miglioramento, i fogli aziendali e così via. I ritorni conseguibili sono un miglioramento del clima aziendale e una tensione diffusa verso una nuova vision.
  • La terza e più importante funzione è di tipo valoriale. In questo caso la comunicazione acquista una valenza STRATEGICA: non si limita a creare partecipazione e consenso, ma rappresenta una vera e propria leva di cambiamento. Agendo sulla vision e sui valori chiave, così come, più in profondità, sugli assunti taciti e condivisivi, dunque sull’area delle convinzioni inconsce e date per scontate, sui sentimenti e sui pensieri di base che costituiscono le fonti dei valori e delle azioni, apre la strada al cambiamento culturale e all’adozione di comportamenti organizzativi conseguenti.

 

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Controllo di Gestione Finanza d'impresa Marketing Strategia

BALANCED SCORECARD

La prima volta che sentii parlare di Balanced Scorecard (d’ora in poi BSC) correva l’anno il 1998/99, non era un argomento nuovissimo all’epoca (1) ma di sicuro era poco conosciuto (per certi aspetti lo è ancora oggi). Lessi qualche articolo sull’argomento, mi ci volle un po’ di tempo per capirlo, ma una volta compreso ne rimasi entusiasta.

Di cosa stiamo parlando?
La Balanced Scorecard la possiamo definire così (non me ne voglia il prof. Bubbio se semplifico): È uno strumento che aiuta l’imprenditore a “guidare” la sua azienda verso gli obiettivi dichiarati facendo “bene” le cose che servono.

Ma noi oggi che strumenti abbiamo già per “guidare” la nostra azienda?
Il bilancio? Quello annuale che iniziamo a chiudere a febbraio e depositiamo a giugno o a luglio, sinceramente serve a poco. Molto meglio se ogni mese costruiamo un Conto Economico riclassificato. Se poi riuscissimo a redigere mensilmente anche lo Stato Patrimoniale, dal bilancino potremmo ricavare tutta una serie di indici molto utili (ROI, ROE, ROS, EBITDA,….) per capire lo “stato di salute” della nostra azienda.

Ma il bilancio è uno strumento che ci aiuta veramente a “guidare” la nostra azienda?
Non me ne vogliate se vi dico che i risultati economico-finanziari che ricaviamo dal nostro bilancio non sono altro che il risultato finale di decisioni prese nel passato o di eventi accaduti settimane se non mesi prima della chiusura contabile. Chissà quante volte avrete sentito questa frase: “guidare un’azienda affidandosi solo agli indicatori economico-finanziari è come guidare un’automobile guardando solo dallo specchietto retrovisore” ed io non ve la ripeterò. Il bilancio ci dice dove siamo stati ma non dove dobbiamo andare.

Che alternative abbiamo al bilancio?
La BSC è un’alternativa molto valida, molto più del solo bilancio. La BSC permette di collegare la strategia (quella cosa che l’imprenditore ha in testa ma difficilmente esplicita) con la gestione operativa (le azioni concrete da mettere in pista). Diceva Seneca: “Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”, ecco la BSC è come un “navigatore”, se non inserisci la “destinazione” non ti porta da nessuna parte.

Come fa la BSC a tradurre la strategia in azioni?
Cerchiamo di spiegare come funzione la BSC con un esempio molto semplificato.
Prendiamo il caso di un imprenditore che gestisce un panificio di campagna che si è posto l’obiettivo di aumentare del 50% il fatturato del suo negozio nei prossimi 18 mesi. Il panettiere è convinto che il mercato ci sia, dalle sue analisi la popolazione residente in un raggio di 2,5 km dal suo negozio copre abbondantemente i suoi obiettivi, egli usava dire: “i clienti ci sono basta andarseli a prendere”.

Se l’obiettivo finale dell’imprenditore ci è chiaro, proviamo a scavare più in profondità e chiediamogli cosa è necessario assolutamente avere, cosa non dobbiamo sbagliare e quali devono essere i nostri punti di forza per raggiungere l’obiettivo dichiarato.

Risposta dell’imprenditore:
Per aumentare il fatturato bisogna avere del pane buono, molto più buono di quello del supermercato e possiamo dire che il nostro pane lo è. Avere il pane buono ma non farlo sapere ai potenziali avventori serve a poco, non possiamo più basarci solo sul passaparola, dobbiamo investire di più e meglio nella comunicazione. Per aumentare il fatturato dobbiamo anche aumentare la gamma dei prodotti offerti; oltre a nuove varietà di pane dobbiamo iniziare a offrire più prodotti di pasticceria soprattutto fatti da noi, questo sia per incrementare il fatturato verso i nostri clienti affezionati sia per attrarre i clienti un po’ più lontani. Lo so… più aumentiamo la varietà dei prodotti offerti più aumentano i costi per la sperimentazione, aumenta il rischio d’invenduto e le code di persone in attesa si allungano. Certo lo so ma sono sicuro che troveremo una soluzione. Un altro aspetto che dobbiamo migliorare è il servizio al banco, dobbiamo essere più veloci nel servire i clienti perché spesso questi si concentrano in fasce ristrette di orario, se un cliente vede la coda all’entrata potrebbe andare da un’altra parte. Dobbiamo fare attenzione però che la velocità del servizio non alteri gli attuali livelli di gentilezza ed accoglienza del personale al banco verso i clienti, noi abbiamo un buon rapporto con tutti i nostri clienti e vogliamo mantenerlo. Mi piacerebbe inoltre che il personale al banco avesse un “piglio commerciale” più acceso, che fosse in grado di stuzzicare di più la curiosità e la gola dei clienti proponendo loro nuovi prodotti senza però infastidirli.

Il panettiere nei suoi ragionamenti ha detto tante cose, proviamo a metterle in ordine rappresentandole in un diagramma causa-effetto:

Le frecce verdi identificano un rapporto causa-effetto positivo (se aumenta il fattore A, dovrebbe aumentare anche il fattore B). Le frecce rosse identificano un rapporto causa-effetto negativo (se aumenta il fattore A, dovrebbe diminuire il fattore B).

Ora che il quadro d’insieme ci è chiaro definiamo assieme all’imprenditore le azioni da fare per: aumentare la varietà dei prodotti offerti, comunicare di più e meglio, aumentare la gentilezza e l’accoglienza degli addetti al banco e per aumentare la velocità del servizio al cliente.

Come facciamo ad essere sicuri che le azioni che metteremo in pista produrranno gli effetti sperati (aumento del fatturato e conservazione del margine)? Per scoprirlo non ci resta che una sola cosa: misurare.

Ciascun elemento all’interno della mappa strategica dovrebbe essere associato ad uno o più indicatori possibilmente facili da costruire e significativi nel senso che spiegano bene il fenomeno analizzato. Ogni indicatore dovrà avere un target che confrontato con il valore attuale ci dirà quanto lontani siamo dall’obiettivo.

Non è sempre facile ed economico trovare l’indicatore perfetto, in mancanza si utilizzano degli indicatori “proxy” o sostitutivi ( un po’ come la margarina per il burro) che “approssimano” il comportamento del fenomeno in questione (ad esempio il numero di nuovi clienti può essere approssimato dall’aumento del n° di scontrini).

La prima edizione della Balanced Scorecard non può e non deve essere perfetta. La BSC è un sistema in continua evoluzione, aperto e migliorabile. Se si vogliono fare tante cose, tutte e subito il rischio è quello di fare solo tanta confusione. Come sempre all’inizio bisogna partire semplici: prima si impara e poi si migliora.

Buon Lavoro!!!

(1) La Balanced Scorecard fu sviluppata da Kaplan e Norton, ne parlarono per la prima volta in un articolo apparso nel 1992 nella prestigiosa rivista Harvard Business Review dal titolo “Tha Balanced Scorecard – Measures that Drive Performance”.